Sono Silvia la mamma di Agata e Pietro. Pietro di 12 anni con NF2
Prima del 27 marzo 2020 non sapevo neanche che esistesse la NF2 e pensavo di avere due figli sani che stavano crescendo correttamente. Poi però durante l’estate del 2019 Pietro ha iniziato a lamentarsi ogni tanto di un dolore al collo, all’altezza della cervicale. La prima volta ricordo che eravamo al mare in campeggio. Ho pensato che forse era perché dormivamo sui materassini in tenda o forse perché quel giorno aveva fatto troppi tuffi. Eppure dentro di me si è mosso un certo senso di malessere, uno strano sesto senso che avvisa le mamme che c’è qualcosa di più. Questo dolore andava e veniva e si faceva sentire soprattutto di notte. Siamo stati a controllo dalla pediatra che però non ha riscontrato niente di anomalo. Verso gennaio 2020 però le crisi sono aumentate, tanto che Pietro si svegliava di notte e non riusciva più ad addormentarsi. La pediatra ci prescrive i raggi ma da lì non si vede niente e poi ci prescrive una visita dal fisiatra. Nel frattempo Pietro comincia ad avere dei tic nervosi in tutto il corpo, praticamente quasi non riesce a stare fermo. A febbraio il fisiatra appena lo vede richiede una risonanza urgente e mi dice che non c’è da perdere tempo, ma nel frattempo arriva il Covid. L’Italia si blocca, tutti gli ospedali si bloccano, c’è il lockdown. La pediatra insiste e riusciamo ad ottenere la risonanza per il 26 marzo. Io ero agitatissima. Pietro va a farla col papà. Quando escono non gli dicono niente ma lo avvisano che si metteranno in contatto direttamente con la pediatra. Suona il telefono, è la dottoressa mi dice che è meglio che andiamo in studio da lei che ci deve parlare. Lei non ha una bella faccia. Ci dice che la situazione è grave e che il mattino seguente ci aspettano in oncoematolgia pediatrica all’ospedale di Padova. Il tempo si ferma, sento la sua voce in lontananza e penso al mio bambino e sento di nuovo la parola oncoematologia di Padova risuonare dentro di me. La situazione è grave. Mi sembra di sentire il rumore del mio cuore che si contrae e che per poco non si spezza. Io e mio marito ci siamo separati l’anno precedente, ci guardiamo, siamo senza parole. Non riesco neanche a piangere. Voglio solo andare a casa ed abbracciare il mio bambino. Vedere il suo sorriso, tenerlo stretto a me. Dentro al suo midollo osseo c’è un tumore, bello grande che sta crescendo sempre più. Il giorno seguente siamo a Padova. I medici visitano Pietro e poi effettuano un’altra risonanza. Ci chiedono di aspettare un paio d’ore e poi ci chiameranno per il responso. Siamo a Padova. C’è il lockdown, E’ il 27 marzo, è tutto chiuso. Aspettiamo in macchina. Fa freddo, ma è un freddo che attanaglia il cuore. Il telefono squilla, torniamo in ospedale. I medici ci fanno accomodare in una saletta. La dottoressa Viscardi ci dice che Pietro ha la neurofibromatosi di tipo 2. Bisognerà fare un’esame genetico per esserne sicuri, ma visto i vari neurinomi al cervello, alla spina e ai nervi delle orecchie, loro ne sono praticamente certi. Quindi non è solo uno? Io non capisco niente… Ci dicono che il grosso tumore che c’è nel midollo deve essere operato con urgenza e che il giorno dopo ci aspettava il team dei medici neurochirurghi. Ora l’urgenza è quella poi vedremo come andare avanti. Il Dott. Rossi con molta delicatezza spiega a Pietro che il collo gli fa male perché dentro è cresciuta una ciste che dobbiamo togliere e così il dolore passerà. Lui fa uno dei suoi sorrisi grandi grandi e dice: “Sarà perché mangio troppa nutella?”. Il medico sorride gli dice di non preoccuparsi e che starà meglio. L’8 aprile, il giorno prima di compiere 10 anni, Pietro viene operato: 10 lunghissime ore di intervento. Come si può resistere tutto quel tempo? Ricordo una sedia fredda di ferro e la faccia di mio marito, qualche sedia più in là. Ogni tanto qualche messaggio da amici e parenti che sono in ansia per noi e che non possono nemmeno uscire di casa e venire a sedersi lì accanto. I medici sono stai chiari: l’intervento è difficile, Pietro potrebbe anche rimanere paralizzato, ma se non lo facciamo sicuramente lo diventerà. Quando esce il Prof. Davella ci dice che l’intervento è andato bene, l’epidendimoma è stato tolto tutto, ma non è sicuro che Pietro potrà muovere ancora la gamba destra. In realtà questa ultima parte io non la sento capisco solo : tolto tutto e andato bene. Poi di nuovo tutte le parole vanno in lontananza, sento freddo, poi caldo e poi penso al suo sorriso. Quando esce dalla sala operatoria il mio bambino non riesce a muovere niente, non ero pronta per questo. Piange, non capisce: “Mamma avevo solo male al collo e adesso invece non muovo più niente, ma cosa mi avete fatto?”. Dopo 3 settimane di ricovero in ospedale veniamo trasferiti presso la Nostra Famiglia di Conegliano per la riabilitazione. Pietro deve imparare di nuovo a fare tutto, anche stare seduto è un’impresa difficile. Ci aspettano 5 lunghi mesi lontani da tutti i nostri cari, ogni giorno con un ritmo piuttosto serrato: fisioterapia, esami di controllo, psicologa, terapia occupazionale e Pietro affronta tutto con un coraggio incredibile. Lui vuole tornare a camminare e non solo , lui vuole tornare a giocare a pallavolo. Non si lamenta mai e lì scopro che è un guerriero. In quei mesi non voglio sentir parlare di NF2, mi fa paura quella sigla. Abbiamo fatti tutti e 4 gli esami genetici ed è risultato che Pietro ha il gene mutato, ma non dipende ne da me ne da suo papà . Agata non ce l’ha. E’ una formazione de novo, dice la genetista Dottoressa Trevisson. La NF2 colpisce 1 persona ogni 40.000 ed è una malattia genetica rara. 1 ogni 40.000? e perché quel 40.000 doveva essere proprio il mio Pietro? Non capisco, mi arrabbio, piango, ma non voglio sapere niente di questa cosa. Mi chiudo in me stessa, fa troppo paura. All’interno della Nostra Famiglia c’è qualche ora di servizio di psicologo anche per i genitori. Io sono contenta di partecipare. Dopo alcune sedute chiedo aiuto, voglio saperne di più di questa malattia, ma ho troppo paura per farlo da sola. I medici mi hanno spiegato, ma il mio cervello non ha recepito. La diagnosi per me è troppa roba. Pian piano insieme, cominciamo a parlarne e lei mi aiuta a capire meglio. Mi spiega che forse la conoscenza mi potrà aiutare a sentirmi meno persa e più capace di affrontare le cose. Aveva ragione, anche se fa paura lo stesso. Mi sono chiesta mille volte perché a Pietro e non a me? Vedere il proprio figlio che soffre, non lo auguro a nessuno, ti logora dentro. Nel 2021 conosco l’associazione NF2 PROJECT e la sua Presidente Patrizia Benedetti. Parliamo un po’ al telefono, anche lei è una mamma di NF2. Ci confrontiamo, ci incontriamo e decido di associarmi. Sapere che ci sono altre persone che combattono contro la NF2 ogni giorno, mi fa sentire meno sola. Sapere che posso chiedere informazioni a qualcuno che già c’è passato o che sta vivendo la stessa situazione in questo momento, mi fa sentire meno sola. Scriversi ogni tanto e raccontarsi con qualcuno che davvero capisce come stai, fa stare meglio. L’associazione è come una grande famiglia, un po’ sgangherata che con tanto coraggio affronta la quotidianità di una vita stravolta. Col sorriso però , come fa Pietro tutti i giorni e come facciamo, io ed Agata, il loro papà e tutti coloro che ci vogliono bene . Oggi Pietro è tornato autonomo e riesce a camminare anche se la gamba destra è rimasta deficitaria. Facciamo una risonanza ogni sei mesi e visite e controlli a Padova perche per la NF2 ad oggi non c’è una vera e propria cura. L’unica cosa che si può fare è tenersi controllati e capire qualora uno di questi neurinomi si muova o cresca come poter intervenire. Quello per cui preghiamo e speriamo è che prima o poi venga trovata una cura. E anche a questo serve l’associazione: a farci conoscere, a far sapere che esistiamo e che abbiamo bisogno di una cura.